Cicerone: Ad Attico: “Non posso venire da te”

Originale

Cicero Attico sal.

Brundisium veni a.d. XIV Maias. Eo die pueri tui mihi a te litteras reddiderunt, et alii pueri post diem tertium eius diei alias litteras attulerunt. Quod me rogas et hortaris, ut apud te in Epiro sim, voluntas tua mihi valde grata est et minime nova. Esset consilium mihi quidem optatum, si liceret ibi omne tempus consumere; odi enim celebritatem, fugio homines, lucem aspicere vix possum, esset mihi ista solitudo, praesertim tam familiari in loco, non amara; sed, itineris causa ut deverterer, primum est devium, deinde ab Autronio et ceteris quadridui, deinde sine te. Nam castellum munitum habitanti mihi prodesset, transeunti non est necessarium. Quod si auderem, Athenas peterem. sane ita cadebat, ut vellem. Nunc et nostri hostes ibi sunt, et te non habemus et veremur ne interpretentur illud quoque oppidum ab Italia non satis abesse, nec scribis, quam ad diem te exspectemus.

Traduzione

Giunsi a Brindisi alle seconde calende di maggio. Quel giorno i tuoi fanciulli mi restituirono le lettere da parte tua, e altri fanciulli tre giorni dopo mi portarono altre lettere. Mi chiedi e mi esorti ad essere presso di te nell’Epiro, la tua volontà mi èassai gradito e affatto nuova. Certamente il proposito mi sarebbe gradito se lì fosse permesso sprecare tutto il tempo; infatti odio i luoghi frequentati, evito gli uomini, posso a mala pena guardare la luce, questa solitudine non mi sarebbe amara, specialmente in un luogo così familiare, ma, la ragione del viaggio per fare una sosta, primo è fuori mano, poi (distante) da Autronio e da tutti gli altri quattro giorni, infine senza di te. Infatti a me che abito la cittadella fortificata sarebbe utile, a un viandante non è necessario. Poiché se io volessi andrei ad Atene. Così avveniva davvero che io volessi. Ora sia i nostri nemici sono lì, sia non abbiamo te, sia temiamo che capiscano che anche quella città non sia abbastanza lontana dall’Italia, e non scriverai che ti aspettiamo al giorno fissato.