Analisi de IL MIRACOLO DI SANTA ODILIA di Laura Mancinelli

TITOLO

Il titolo di questo libro è il tema su cui si regge tutto il romanzo: infatti Odilia viene fatta badessa per volere della sua famiglia, gli Agliano, perché facesse un miracolo che la rendesse santa e che desse maggior prestigio a tutti loro, così che neanche i potenti signori di Cortazzone, loro irriducibili rivali, potessero reggere il confronto.

DATA DI PUBBLICAZIONE

La prima edizione “Nuovi Coralli” del libro uscì nel 1989 presso l’editore Giulio Einaudi.

GENERE LETTERARIO

Romanzo di ambientazione storica.

AMBIENTE

La storia è ambientata nel Medioevo in un’epoca che va dall’ XI al XIII secolo (i secoli in cui si sono sussegguite le sei crociate) tra le colline del Monferrato, più precisamente in un piccolo convento di monache aggrappato al pendio di una collinetta ai margini del Monferrato, privo del riparo di un bel campanile quadrangolare e circondato da un anfiteatro di colline tutte di uguale altezza. Quel convento non aveva né chiesa né nome, poiché non c’era mai stata nessuna santa in esso.

La storia vera e propria ricopre un arco di tempo di nove mesi: inizia una bella sera di aprile, quando, osservando il volo delle rondini, Odilia pensò che bisognava affrettarsi a terminare il ricamo del liocorno, e finisce alcuni giorni dopo Natale, quando giunsero al convento il vescovo Zenone con altri signori, religiosi e non, per decidere se c’era stato veramente un miracolo. Non viene precisato quanto dura l’introduzione, che comprende la storia della prima Odilia e la prima parte di quella della seconda Odilia, ma si capisce che dura diversi anni.

Durante la narrazione prevalgono gli ambienti esterni. Essi sono i terreni che circondano il convento, a cui appartengono, e che comprendono il bosco di querce, a cui la badessa teneva in modo particolare e non voleva che venisse distrutto per fare posto alle vigne; il giardino di fiori, che dal muro del convento si spingeva fino al lento pendio di una colina, e in cui c’era la tomba della prima Odilia e accanto ad essa il gelsomino miracoloso; la pergola di caprifoglio, sotto cui stava un rozzo tavolo di legno con quattro panche ai lati su cui la badessa e il cavaliere si sedevano in compagnia di ser Francesco e Biondo Gerardo; il vigneto, che ser Francesco suggerì di piantare, e il frutteto; infine l’altipiano dove viveva ser Francesco e dove mangiarono tutti insieme una sera di ottobre in occasione della “fine dell’anno della campagna”. Gli ambienti interni sono rappresentati dalle stanze del convento (la cucina, il refettorio, la soglia del convento dove c’era l’arazzo del liocorno appeso a una parete, una stanza in cui c’era un crocifisso e un piccolo coro dove le monache sedevano a cantare i loro salmi) e la capanna del giardiniere, che diventò la dimora del cavaliere e in seguito la scuola dei bambini.

TRAMA

I conti di Agliano avevano fondato un convento e avevano nominato badessa Odilia, una giovane ragazza che non aveva avuto successo nella vita di corte e perciò si era sottomessa docilmente alla volontà dei suoi famigliari. Tutti loro speravano che diventasse santa per avere maggior prestigio dei signori di Cortazzone, loro rivali, ma il miracolo non avvenne. Allora quando lei morì ci riprovarono con una nipote della badessa, che aveva il suo stesso nome. A differenza della prima Odilia, questa non era così incline alla vita di monaca e per questo era molto triste, finché un giorno giunse al convento un pellegrino che migliorò la sua vita. Lei lo riconobbe subito: era il cavaliere che aveva conosciuto da ragazza e di cui si era innamorata. Quindi gli offrì la capanna del giardiniere come posto in cui dormire e lui si sdebitò facendo dei lavori pesanti che le monache non potevano svolgere. Così tra le visite di ser Francesco e Biondo Gerardo e i lavori per i terreni, passarono nove mesi. Il 21 dicembre il gelsomino, il cui seme il cavaliere aveva donato alla badessa, fiorì e, quando il vescovo venne per accertarsi se si trattava veramente di un miracolo, le campane di tutto il Monferrato suonarono a festa, mosse dalla mano di Dio: il miracolo si era compiuto.

STRUTTURA DELLOPERA, RAPPORTO FABULA-INTRECCIO, NARRATORE

Esposizione

Viene raccontata la storia della prima Odilia e di come sia morta senza aver compiuto alcun miracolo, nonostante avesse fatto di tutto perché ciò accadesse. Inoltre viene narrata la prima parte della vita della seconda Odilia.

Esordio

Si presenta al convento il cavaliere che Odilia aveva conosciuto durante il raduno dei cavalieri che partivano per la Terra Santa, quando era ancora nel noviziato. Egli si presenta come pellegrino che chiede l’elemosina, ma la badessa riconosce subito i suoi occhi e lo invita a pranzare insieme a lei e alle altre monache.

Peripezie

Trascorrono insieme nove mesi, durante i quali si innamorano sempre più l’uno dell’altra. Non sfuggono alla malinconia dell’autunno, ma Odilia riflette quanto quella malinconia sia diversa da quella degli altri anni: non minore, ma intrisa di dolcezza, forse persino più struggente.

Scioglimento

Il 21 dicembre, il giorno del solstizio d’inverno, si compie il miracolo: in pieno inverno fiorisce il gelsomino, sprigionando nell’aria tutt’attorno il profumo dei suoi fiori bianchi. Alcuni giorni dopo Natale viene il vescovo con altri signori, religiosi e non, per stabilire se si tratti veramente di un miracolo. Allora capita un fatto miracoloso: tutte le campane del Monferrato suonano improvvisamente a festa.

La fabula non sempre coincide con l’intreccio perché ci sono alcuni flash-back per raccontare le vicende vissute dai personaggi.

Il narratore è onnisciente ed esterno alla vicenda, anche se c’è una frase in prima persona singolare nel XXIV capitolo: «Credo che tutti, signori e bimbi e monachelle, mangiassero allegramente quel pasto inusitato…».

PERSONAGGI

Odilia, la protagonista

È molto bella, amabile e sensibile. Nipote della defunta Odilia, era stata scelta tra le fanciulle della famiglia perché, suo malgrado, si chiamava come lei. Così all’età di soli sedici anni fu fatta monaca e a diciotto divenne badessa. All’inizio la sua vita non cambiò molto: infatti continuava a frequentare le sue compagne di studio e di gioco, che, come lei, venivano educate in convento. Ma capì quanto la sua vita fosse cambiata il giorno in cui ci fu il raduno dei cavalieri che partivano per la crociata in Terra Santa: infatti, a differenza di tutte le altre ragazze, lei aveva un vestito nero e non poté strapparsi una manica e donarla a un cavaliere. Nonostante ciò si tolse la ghirlanda di fiori che aveva in testa e la infilò sull’asta di un cavaliere di cui si innamorò. Come badessa è solerte e attenta nel governo del suo piccolo feudo, facendo diventare ricco il convento, tanto da meritarsi le lodi del vescovo. Con l’arrivo del cavaliere il suo animo si risveglia da un sonno durato troppo tempo e la sua vita diventa migliore, fino ad arrivare al miracolo. Sembra anche che sia diventata più buona con tutti, in particolare con i bambini, a cui dava le focacce, perché suor Buccia si stupisce molto di ciò, come se non l’avesse mai fatto.

Il cavaliere

È il secondo personaggio per ordine di importanza. Non ha nome, ma viene sempre chiamato “il cavaliere”, il che fa capire che è importante per il messaggio che dà, non per il suo nome. È un uomo che ama la donna e la guerra, e ha capito che quest’ultima non è (sempre) giusta. Di essa non gli è rimasto che un pessimo ricordo, oltre ai capelli grigi e agli occhi che hanno perso il sorriso di un tempo. Appena giunge al convento regala a Odilia i due semi che aveva preso in Arabia in una valle molto florida che era stata poi rovinata dai crociati, e le dice di seminarli e, quando le piantine sarebbero cresciute, di piantarle. Durante la sua permanenza al convento aiuta le monache nei lavori più pesanti e si improvvisa maestro dei bambini dei paesi vicini per giustificare al vescovo la sua presenza in quel luogo religioso. Per quest’ultimo motivo, Odilia si inventa la storia dei licantropi e leprecauni, mostri che attenterebbero alla virtù delle monache.

Biondo Gerardo

Questo non è il suo vero nome, come non è biondo di capelli. In realtà è figlio cadetto di una nobile famiglia della pianura vercellese. Scappato di casa perché non voleva entrare in convento, a cui era stato destinato dalla famiglia, era diventato bandito, e si era messo in società con un altro, anch’esso bandito, di nome Biondo Gerardo. In uno dei tanti assalti quest’ultimo morì, così l’amico decise di diventare contadino per riscattare in qualche modo l’anima del morto, e si mise al servizio di ser Francesco. Spesso fa dei lavori per l’orto del convento.

Ser Francesco

La prima volta che compare nella storia, ser Francesco viene descritto come un uomo altissimo, magro, a capo scoperto, avvolto in un largo mantello da viaggio che gli scendeva fino all’orlo degli stivali. È il proprietario di alcuni terreni sulle colline volte a occidente, in particolare di una grande vigna, e fornisce al convento il vino per gli ospiti e anche per le monache. Oltre al vino, dopo l’alluvione, fornisce anche il grano e un nuovo legume proveniente dall’Arabia.

Personaggi minori

Gli altri personaggi di importanza minore sono il vescovo Zenone (della diocesi di Asti, ogni anno faceva visita al convento), suor Buccia (la cuoca del convento), le altre monache, la prima Odilia (morta senza aver compiuto un miracolo né in vita né dopo), il flagellante e i bambini (che vanno alla scuola istituita da Odilia).

MESSAGGIO E TEMATICHE PRINCIPALI

Secondo me il messaggio che ci vuol dare l’autrice è che l’amore, inteso sia verso una persona dell’altro sesso che per un bambino o qualsiasi altra cosa, è la cosa più bella che esista e può persino far compiere un miracolo.

Le principali tematiche sono le seguenti: lo strapotere dei genitori sui figli, i quali si devono sottomettere al loro volere, che molte volte è quello di entrare nel clero; le crociate e la guerra in generale, la quale porta solo disperazione e distruzione; la felicità dei bambini è la cosa più importante al mondo

FORMA

La struttura sintattica è prevalentemente semplice. La lettura è scorrevole e comprensibile, nonostante l’autrice cerchi di usare nei discorsi diretti un linguaggio che sembri il più antico possibile. Per esempio usa molti troncamenti («Or non è molto era il plenilunio») e ci sono anche delle inversioni di soggetto o complemento oggetto con il predicato.

Nei primi capitoli (fino al V, “L’arazzo del liocorno”) prevale il discorso indiretto, in quanto sono introduttivi, in altri è presente prevalentemente il discorso diretto, mentre in alcuni il narratore è limitato a brevi frasi di passaggio tra un personaggio e l’altro, come nel VII, “Il racconto del crociato”.

Le descrizioni sono fatte molto bene in modo minuzioso e realistico.

I periodi non sono molto lunghi.

GIUDIZIO PERSONALE

Questo romanzo, come tutti quelli che finora ho letto della Mancinelli, mi è piaciuto molto. Specialmente mi ha affascinato l’amore silenzioso che c’è tra Odilia e il cavaliere, e che nessuno riesce a contrastare, nemmeno il flagellante. Anche se le classi sociali sono diverse, come lo è il periodo storico, mi ricorda un po’ la relazione tra Renzo e Lucia, che finisce altrettanto bene.

FRASE SIGNIFICATIVA

Capitolo XIX: «L’amore vuol silenzio e secretezza, soprattutto quando è difficile e inconsueto, e possiamo supporre, felice».