Analisi di SE QUESTO È UN UOMO di Primo Levi

DATA PRIMA EDIZIONE

Rifiutato da alcuni grossi editori, il libro è stato accettato nel 1947 da una piccola casa editrice, diretta da Franco Antonicelli: allora non ebbe molto successo, anche perché la casa editrice si sciolse poco dopo. È stato poi ristampato nel 1958 dall’Einaudi, e da allora ha riscosso un enorme successo, tanto che è stato tradotto in sei lingue.

SINTESI DEL ROMANZO DIVISO PER CAPITOLI

Capitolo 1: “Il viaggio”

Levi, partigiano, viene arrestato e inviato al campo di internamento di Fossoli, a Modena. Dopo neanche un mese tutti gli Ebrei vengono trasportati in treno come degli animali, fino al campo di Monowitz, in Polonia. Scesi dal treno viene operata una prima selezione, in base all’età e all’essere malati o meno. Ma altre volte è la sorte che decide: infatti chi scendeva a destra andava a lavorare e chi scendeva a sinistra moriva, o viceversa. Infine i sopravvissuti salgono su alcuni autocarri, dove trovano un soldato che chiede loro di dargli le cose che hanno di valore perché a loro non sarebbero più servite.

Capitolo 2: “Sul fondo”

Giunti al campo vengono fatti entrare in una stanza per poi passare ad altre, dove vengono rasati, lavati e sottoposti alla disinfezione; infine un tedesco tatua sul braccio un numero, che da ora in poi sarà il loro nuovo nome. Vengono radunati insieme a tutti gli altri prigionieri nella Piazza d’Appello, la piazza centrale del campo, e vengono contati più volte. Dopo quindici giorni Levi ha imparato le regole del campo e gli sono già venute le piaghe sotto i piedi a causa del lavoro.

Capitolo 3: “Iniziazione”

Levi viene assegnato al Block 30 e si mette a parlare con il suo compagno di letto, Diena, ma devono smettere perché gli altri chiedono silenzio. Al lavatoio incontra Steinlauf, un suo amico, e lo ammonisce per non lavarsi, perché spiega che non facendolo, e quindi non mantenendo la sua dignità, farebbe il gioco dei Tedeschi, comincerebbe a morire.

Capitolo 4:”Ka-Be”

Primo subisce un incidente sul lavoro, perciò alla sera va in Ka-Be, l’infermeria. Lì lo visitano molto sommariamente e lo mandano da un altro medico, il quale lo visita anch’esso con molta poca cura e lo manda al Block 23, il dormitorio. Nel Ka-Be ritrova un po’ di pace, ma con essa trova anche il tempo per pensare al dolore e ricordare e questo non gli fa bene. Ha anche assistito ad una selezione, che consiste nello scegliere alcuni Ebrei da parte di una SS e mandarli alle camere a gas.

Capitolo 5: “Le nostre notti”

Dopo essere guarito, esce dal Ka-Be e viene assegnato al Block 45: ma è fortunato, perché lì c’è il suo migliore amico Alberto. Le notti sono travagliate: sogna, poi si sveglia all’improvviso e poi si riaddormenta: così fino alla sveglia, quando « si rimette in moto la bufera ».

Capitolo 6: “Il lavoro”

Il suo nuovo compagno di letto è Resnyk, di alta statura ma molto buono con Levi. Infatti al lavoro Resnyk si mette in coppia con Primo e lo aiuta molto. Gli unici momenti di riposo sono il viaggio per andare alla latrina e la pausa pranzo.

Capitolo 7: “Una buona giornata”

Per la prima volta da quando è arrivato al campo Levi vede il sole, e ne sono tutti molto felici,. Ma ora che il freddo è cessato si pensa alla fame. Fortunatamente quel giorno Templer, l’organizzatore del Kommando, aveva trovato una marmitta da cinquanta litri di zuppa e così è stata calmata anche la fame.

Capitolo 8: “Al di qua del bene e del male”

Con un improvviso cambio della biancheria molti vanno alla Borsa a scambiare le loro seconde vecchie camicie con pane o tabacco o altro. La Borsa è il centro commerciale del campo, anche se proibita. Qui si scambia di tutto: zuppa, pane, camicie, tabacco e arnesi di qualsiasi genere. Ma per guadagnare veramente bisogna avere dei contatti con dei civili e barattare anche con loro, il che è severamente proibito: ciò viene punito con l’invio dello Haftlinge alle miniere di carbone.

Capitolo 9: “I sommersi e i salvati”

In questo capitolo Levi fa una netta distinzione tra i sommersi e salvati: i primi, anche chiamati mussulmani, sono quegli uomini che eseguono tutti gli ordini che ricevono, non mangiano che la razione e si attengono alla disciplina del lavoro e del campo, infine sono quelli più adatti per le selezioni; i salvati sono invece quelli che non si arrendono mai, continuano a lottare ogni giorno contro la fame e gli stenti, sono rispettati da tutti e sono riusciti a non soccombere in quella grande macchina di morte e strazio quale è il campo di concentramento. « Se i sommersi non hanno storia, e una sola e ampia è la via della perdizione, le vie della salvazione sono invece molte, aspre ed impensate ».

Capitolo 10: “Esame di chimica”

Al campo viene organizzato un Kommando chimico e Levi ne fa parte insieme ad Alberto. In un primo tempo devono trasportare del cloruro di magnesio. Viene poi loro annunciato che dovranno superare un esame di chimica. Levi si rende conto che la sua salvezza sta nel superare questo esame perché potrà così diventare uno “specialista” e gli sembra che sia andato bene.

Capitolo 11: “Il canto di Ulisse”

Durante un viaggio per prendere la marmitta pesante cinquanta chili a causa della zuppa, Primo cerca di recitare e spiegare alcuni versi della Divina Commedia che riesce a ricordare.

Capitolo 12: “I fatti dell’estate”

Al campo giungono notizie dello sbarco alleato in Normandia, dell’offensiva russa e del fallito attentato ad Hitler. Queste notizie fanno nascere grandi ma effimere speranze. Cominciarono i bombardamenti sull’Alta Slesia, poi sempre più vicini, fino ad essere bombardato il campo. Cessano il lavoro alla Buna, da cui non uscì mai un chilo di gomma, e fanno dei lavori di riparazione. In questa situazione incontra Lorenzo, un civile italiano che lo aiuta molto, regalandogli oltre al pane la consapevolezza che nel mondo c’erano ancora delle persone umane.

Capitolo 13: “Ottobre 1944”

È ritornato l’inverno. Le baracche sono sovraccariche di prigionieri. Si vocifera che ci sarà una selezione., che viene fatta una domenica pomeriggio. I prigionieri vengono fatti spogliare, poi devono fare una breve corsa sotto gli occhi di una SS che in una frazione di secondo decide della sorte di ognuno. Chi è stato selezionato ha diritto ad una doppia razione di zuppa.

Capitolo 14: “Kraus”

Durante la marcia di rientro dal lavoro Levi racconta a Kraus un sogno che si è inventato e lui giura ed augura.

Capitolo 15: “Die drei Leute vom Labor”

Levi ha la notizia di essere stato scelto per lavorare nel laboratorio di chimica e ne è molto felice perché questo significa privilegi e una vita molto meno dura, lontano dal freddo. Nel laboratorio la temperatura è di 24°, questo sarà di grande aiuto per superare l’inverno, e anche la fame non sarà più un problema, perché potrà trovare molte cose da poter rubare e barattare alla Borsa.

Capitolo 16: “L’ultimo”

Levi e Alberto, oltre che amici, sono diventati complici in imprese che li hanno resi più importanti socialmente e soprattutto meno affamati. Una sera sono costretti ad assistere all’impiccagione di un uomo che è accusato di aver partecipato a una rivolta durante la quale è stato fatto saltare un forno crematoio. Prima di morire l’uomo urla :”Compagni, io sono l’ultimo”. Sino alla fine non si è lasciato piegare nella vita del Lager. Ci si sarebbe aspettato che qualcuno avesse dato un segno di assenso, ma così non è stato.

Capitolo 17: “Storia di dieci giorni”

L‘11 gennaio 1945 Levi si ammala di scarlattina e viene ricoverato in Ka-Be. Qualche giorno più tardi viene a sapere che il campo sarà evacuato a causa dell’arrivo dei russi. Infatti nel pomeriggio il medico annuncia che il giorno dopo gli ammalati in grado di camminare sarebbero partiti con i sani, per una marcia di venti chilometri, mentre gli altri sarebbero rimasti in Ka-Be. Levi è troppo debole, febbricitante e rimane al campo. Tutti partono, compreso Alberto, mentre lui e pochi altri malati vengono abbandonati al loro destino nell’infermeria.

I sani sono scomparsi, nella quasi totalità, durante la marcia di evacuazione: Alberto è fra questi.

Per gli ammalati iniziano dieci giorni fuori dal tempo e dal mondo.

Ben presto ha inizio il bombardamento. Si fa sempre più vicino . Alcune baracche vengono colpite.

Levi si accorge che tutti i tedeschi hanno lasciato il campo. Fa molto freddo. Al campo non c’è più nulla che funzioni: niente acqua, elettricità, niente per scaldarsi o da mangiare. Riesce a trovare una stufa, della legna e delle patate. Con l’aiuto di un francese il tutto viene trasferito nella loro baracca. Hanno tepore e patate bollite. I prigionieri cercano di organizzarsi per sopravvivere andando a rovistare ovunque alla ricerca di qualcosa di utile. Il numero dei morti aumenta di giorno in giorno e la terra indurita dal gelo non permette di seppellirli. La fatica della sopravvivenza quotidiana li rende insensibili di fronte a tanto dolore.

Il 27gennaio 1945 arrivano i russi al campo.

AMBIENTAZIONE STORICA E GEOGRAFICA

Le vicende narrate si svolgono durante la Seconda Guerra Mondiale e coprono un arco di tempo di circa un anno, più precisamente, vanno dal 13 dicembre 1943, giorno in cui Primo Levi viene catturato dalla Milizia fascista, al 27 gennaio 1945, quando i Russi arrivano al campo.

In quel tempo l’odio nutrito dai Tedeschi verso gli Ebrei era sfociato nella costruzione di campi di concentramento, il più famoso dei quali, nonché il primo, era quello di Auschwitz, costruito nel 1940. All’inizio del 1941 si intraprendono lavori di ampliamento per ospitare deportati da far lavorare in una grande fabbrica di gomma sintetica della I.G. Farben (dove lavora Levi) installata nella vicina Monowitz (dove viene tenuto prigioniero), chiamata talvolta Auschwitz III. Si apre anche un campo satellite a Birkenau, detto Auschwitz II. Nel febbraio 1942, nell’obitorio del campo principale, hanno luogo le prime esecuzioni con il gas. Perché non si venga a sapere nulla, si decide che le operazioni abbiano luogo a Birkenau. Vengono costruiti quattro grandi crematori; forni più piccoli vengono posti anche all’interno delle camere a gas per facilitare l’eliminazione dei corpi. I campi di Auschwitz sono scoperti nel 1945 dall’Armata Rossa.

I luoghi che vengono descritti dall’autore sono il campo di internamento di Fossoli, vicino a Modena, da cui tutti gli Ebrei partirono per Monowitz, vicino ad Auschwitz, in territorio polacco: quello dove vivevano era un Arbeitslager, cioè un campo di lavoro: infatti vicino ad esso c’era una fabbrica di gomma sintetica chiamata Buna, perciò il campo stesso veniva chiamato Buna. All’ ingresso « si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata: ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi ». « È un quadrato di circa 600 metri di lato, circondato da due reticolati di filo spinato, il più interno dei quali è percorso da corrente ad alta tensione. È costituito da sessanta baracche in legno, che si chiamano Blocks, di cui una decina in costruzione; a queste vanno aggiunti il corpo delle cucine, che è in muratura; una fattoria sperimentale, gestita da un distaccamento di Haftlinge privilegiati; le baracche delle docce e delle latrine, in numero di una per ogni gruppo di sei od otto Blocks. Di più, alcuni Blocks sono adibiti a scopi particolari. Innanzitutto, un gruppo di otto, all’estremità est del campo, costituisce l’infermeria e l’ambulatorio; v’è poi il Block 24 che è il Kratzeblock, riservato agli scabbiosi; il Block 7, in cui nessun comune Haftling è mai entrato, riservato alla «Prominenz», cioè all’aristocrazia, agli internati che ricoprono le cariche supreme; il Block 47, riservato ai Reichdeutsche (gli ariani tedeschi, politici o criminali); il Block 49, per soli Kapos; il Block 12, una metà del quale, ad uso dei Reichsdeutsche e Kapos, funge da Kantine, cioè da distributorio di tabacco, polvere insetticida, e occasionalmente altri articoli; il Block 37, che contiene la Fureria centrale e l’Ufficio del lavoro; e infine il Block 29, che ha le finestre sempre chiuse perché è il Frauenblock, il postribolo del campo, servito da ragazze Haftlinge polacche, e riservato ai Reichsdeutsche. I comuni Blocks di abitazione sono divisi in due locali; in uno (Tagesraum) vive il capo-baracca con i suoi amici: v’è un lungo tavolo, sedie, panche; ovunque una quantità di strani oggetti dai colori vivaci, fotografie, ritagli di riviste, disegni, fiori finti, soprammobili; sulle pareti, grandi scritte, proverbi e poesiole inneggianti all’ordine, alla disciplina, all’igiene; in un angolo, una vetrina con gli attrezzi del Blockfrisór (barbiere autorizzato), i mestoli per distribuire la zuppa e due nerbi di gomma, quello pieno e quello vuoto, per mantenere la disciplina medesima. L’altro locale è il dormitorio; non vi sono che centoquarantotto cuccette a tre piani, disposte fittamente, come celle di alveare, in modo da utilizzare senza residui tutta la cubatura del vano, fino al tetto, e divise da tre corridoi; qui vivono i comuni Haftlinge, in numero di duecento-duecentocinquanta per baracca, due quindi in buona parte delle cuccette, le quali sono di tavole di legno mobili, provviste di un sottile sacco a paglia e di due coperte ciascuna. I corridoi di disimpegno sono così stretti che a stento ci si passa in due; la superficie totale di pavimento è cosi poca che gli abitanti di uno stesso Block non vi possono soggiornare tutti contemporaneamente se almeno la metà non sono coricati nelle cuccette. Di qui il divieto di entrare in un Block a cui non si appartiene. In mezzo al Lager è la piazza dell’Appello, vastissima, dove ci si raduna al mattino per costituire le squadre di lavoro, e alla sera per venire contati. Di fronte alla piazza dell’Appello c’è un’aiuola dall’erba accuratamente rasa, dove si montano le forche quando occorre. ». Vi è poi il Ka-Be, che sta per Krankenbau, cioè l’infermeria. È costituito da « otto baracche, simili in tutto alle altre del campo, ma separate da un reticolato. Contengono permanentemente un decimo della popolazione del campo, ma pochi vi soggiornano più di due settimane e nessuno più di due mesi: entro questi termini siamo tenuti a morire o a guarire ». Infine Levi descrive il laboratorio di chimica come uno « sorprendentemente simile a qualunque altro laboratorio » : infatti vi sono i tipici strumenti che lui stesso usava quando era ancora un uomo libero (infatti era un chimico), il che gli fa rievocare gli anni in cui andava all’università.

PERSONAGGI

Primo Levi

«…avevo venti quattro anni, poco senno, nessuna esperienza, e una decisa propensione, a vivere in un mio mondo scarsamente reale ». È lo stesso scrittore che da narratore interno racconta le vicende in prima persona. Inizialmente faceva parte della categoria dei sommersi, cioè quegli “uomini” che eseguono tutti gli ordini che si ricevono, non mangiano che la razione, si attengono alla disciplina del lavoro e del campo. Essi non sopravvivono più di tre mesi. Ma poi, con l’esperienza, è riuscito a far parte dei salvati, cioè quelli che, in qualche modo, sono riusciti a non soccombere in quella grande macchina di morte e strazio quale è il campo di concentramento. « Se i sommersi non hanno storia, e una sola e ampia è la via della perdizione, le vie della salvazione sono invece molte, aspre ed impensate. »

Alberto

Il migliore amico di Levi. Non si separano mai fino alla sua partenza per la via della morte il 18 gennaio 1945. « Non ha che ventidue anni, due meno di me, ma nessun italiano ha dimostrato capacità di adattamento simili alle sue…ha capito prima di tutti che questa vita è guerra; non si è concesso indulgenze, non ha perso tempo a recriminare e a commiserare sé e gli altri ». La loro era sicuramente una grandissima amicizia: « Era il mio indivisibile: noi eravamo “i due italiani”, e per lo più i compagni stranieri confondevano i nostri nomi. Da sei mesi dividevamo la cuccetta, e ogni grammo di cibo organizzato extra-razione ».

Lorenzo

Era il protettore di Levi, ma con lui non aveva il solito rapporto tra prigioniero e civile; egli era semplicemente buono, « non pensava si dovesse fare del bene per una ricompensa »; Levi lo ricorda con infinita gratitudine perché proprio a Lorenzo deve di essere vivo, non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avergli fatto capire che ancora esisteva qualcosa o qualcuno di buono nel mondo. Lorenzo, infatti, è il solo “uomo” tra i personaggi del libro e grazie a lui, dice Levi, « mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo ».

Personaggi minori

Del gruppo dei salvati fanno parte Schepschel che viveva di piccoli espedienti, come rubare una scopa e rivenderla, ma che non esitò a far condannare un compagno e complice pur di ottenere una buona reputazione; l’ingegner Alfred L., il quale aveva elaborato e portato a termine un piano ben preciso, che consisteva nel curare meticolosamente il suo aspetto, per distinguersi dalla massa, e cerare di mettersi in mostra in quanto a disciplina, conoscendo l’esasperata dedizione all’ordine dei tedeschi, per guadagnarne infine il rispetto. Poi vi è Elias Lindzin che era « L’esemplare umano più idoneo a questo modo di vivere », in quanto possedeva un fisico eccezionale che, per un’assurda legge del Lager, gli consentì di essere esonerato dal lavoro più faticoso. Infine vi è Henri, secondo il quale per sopravvivere nel Lager, vi sono tre regole: l’organizzazione, il furto e la pietà. Quest’ultima era il suo punto forte: egli sapeva come rigirare chiunque volesse, persino i tedeschi, e così godeva di molte amicizie e di molti protettori.

Gli altri personaggi di minore importanza sono Flesch, Steinlauf, Chajim, Resnyh, Schepschel, Jean il Pikolo, Charles ed Arthur.

LINGUAGGIO E STILE

La lettura è facile e scorrevole, anche se non sono molto chiari i punti dove sono presenti termini o frasi straniere senza la traduzione: infatti le lingue che si parlano al campo sono varie, giacché è varia la nazionalità degli Haftlinge. Il tedesco è la lingua ufficiale del campo, quella parlata dai Tedeschi; il francese, l’italiano e il polacco sono le lingue che parlano tra di loro i prigionieri.

Prevale nettamente il discorso indiretto, ma, mentre in alcuni capitoli c’è solo un resoconto degli eventi, in altri ci sono delle riflessioni dell’autore, specialmente nel capitolo 9 “I sommersi e i salvati”.

Le descrizioni sono molto accurate fin nei minimi dettagli, come conseguenza del fatto che prevale il discorso indiretto, tanto che mi è sembrato di aver vissuto quegli episodi.

Sono presenti numerosi riferimenti all’Inferno di Dante, nonché alcuni versi nel capitolo 11 “Il canto di Ulisse”. Un esempio è quando, scesi dal treno e saliti su un autocarro, il soldato tedesco che funge da scorta gli sembra Caronte, il traghettatore delle anime.

MOTIVAZIONI DELLAUTORE CHE LO SPINGONO A SCRIVERE IL ROMANZO

Il motivo che ha spinto Levi a scrivere “Se questo è un uomo” è la necessità di rendere partecipe tutto il mondo del dolore e delle sofferenze (anche se queste e altre, come ci ricorda Levi, non sono le parole più giuste per esprimere le condizioni in cui vivevano, per farlo bisognerebbe inventarne delle nuove: « “fame “, ” stanchezza”, “paura”, “dolore”, “inverno” sono parole libere, create e usate da uomini liberi che vivevano, godendo e soffrendo, nelle loro case » ) che hanno dovuto provare migliaia di uomini. Il bisogno di raccontare era in lui talmente forte che aveva già incominciato a scrivere il libro nel laboratorio di chimica, benché sapesse che non avrebbe potuto in alcun modo conservare quegli appunti perché se gli fossero stati trovati addosso gli sarebbero costati la vita. Ma appena tornato a casa ha finito di scriverlo nel giro di pochi mesi.

Inoltre questo libro deve servire a non commettere di nuovo gli stessi errori ed è servito anche allo scrittore per liberare la mente e il cuore dagli orrori visti e subiti.